Consultori: Negli ultimi due anni 186 chiusi o riaccorpati

1° Rapporto nazionale sui consultori pubblici

A 35 anni dall’istituzione dei consultori il ministero della Salute pubblica il 1° Rapporto nazionale che mette in evidenza carenze e problematicità dei consultori familiari pubblici presenti in Italia che diminuiscono su tutto il territorio e lottano con una cronica carenza di organico che ne limita gli interventi e ne vanifica spesso lo spirito.

I consultori familiari vennero istituiti nel 1975, con la legge 405, con lo scopo di assicurare informazione e assistenza psicologica, sanitaria e sociale per la maternità, la paternità e la procreazione responsabile.

Tre i dati più vistosi che emergono da questa prima indagine sui consultori pubblici esistenti in Italia, il primo è che soltanto in sei Regioni (Piemonte, P.A. Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sicilia) le Asl hanno un capitolo di bilancio vincolato per l’attività dei consultori familiari, condizione indispensabile per la programmazione economica e progettuale delle attività all’interno dei consultori.


Dato questo che conferma, se ce ne fosse bisogno, che in linea generale le Regioni, hanno mostrato uno scarso interesse nel potenziamento e nella valorizzazione dei consultori, evidente nel protrarsi del disagio degli operatori e degli utenti dovuto al mancato adeguamento delle risorse, della rete dei servizi, degli organici, ecc.

Preoccupante la tendenza, lenta ma inesorabile, alla riduzione su tutto il territorio nazionale delle strutture: da 2.097 strutture attive nel 2007 si è scesi a 1.911 nel 2009 che innalza il rapporto tra abitanti e consultori a 1 ogni 31.197 nel 2009, ben lontani dall’ipotesi prevista nella legge 34 del 1996, secondo la quale avrebbe dovuto esserci un consultorio ogni 20mila abitanti nelle aree urbane (ogni 10mila nelle aree rurali) per un totale, quindi, di più di 3mila consultori.
Uniche regioni in contro tendenza sono Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna che fanno registrare un incremento del numero dei consultori nel 2009.

Oltre alla riduzione delle strutture emerge costante il dato della carenza di personale.
Per lo svolgimento delle sue attività il consultorio dovrebbe avvalersi, di norma, di un organico multidisciplinare tra le seguenti figure professionali: ginecologo, pediatra, psicologo, ostetrica, assistente sociale, assistente sanitaria, infermiere pediatrico, infermiere professionale.
Nell’indagine, relativamente al personale si è riscontrata, nella maggior parte dei casi, l’assenza delle equipe consultoriali complete (così come previste dal Progetto Obiettivo Materno Infantile).
Nel 4% dei casi sono presenti le 8 figure professionali su elencate, nel 21% ve ne sono 6- 7; nel 45% sono 4-5 e nel 23% da 1 a 3.
Le figure più presenti sembrano essere, rispettivamente, quella dell’ostetrica, dello psicologo, dell’assistente sociale e del ginecologo ma, come riportato, in molti casi non sono presenti contemporaneamente nella stessa struttura consultoriale, così da rendere spesso difficile l’attività di equipe.
Relativamente all’andrologo, questo risulta essere presente con una media superiore al 90% in Valle d’Aosta e nel Lazio, mentre quasi o del tutto assente nelle altre Regioni.
Tra le varie figure dei consulenti il legale è presente Valle d’Aosta, P.A. di Trento e Lazio con una presenza dell’84%, mediamente presente (38%) in Piemonte, P.A. di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Molise, Puglia, Abruzzo e scarsamente presente nelle restanti Regioni (7%).

La carenza di alcuni ruoli così come la presenza “ad ore” di diverse figure professionali, continua la ricerca, comporta una notevole frammentazione dell’assistenza consultoriale, anche perchè le varie figure professionali sono spesso costrette a svolgere la loro attività in maniera discontinua ed in più sedi. I problemi legati alle carenze di risorse economiche e di personale si ripercuotono, insomma, direttamente sull’attività ed in molte realtà il servizio all’utenza e, quindi, l’orario di apertura del consultorio, viene garantito a scapito del lavoro d’equipe.

Il servizio consultoriale ha da sempre un ruolo importante nella prevenzione e nella diagnosi dei tumori genitali femminili. Dalla ricerca si evince che ad eccezione della Regione Veneto dove nella totalità dei consultori non vengono effettuati pap test, in tutte le altre Regioni c’è una partecipazione molto alta a questo tipo di screening.

L’assistenza alla gravidanza comprende problematiche sia di natura medica che sociale che nello spirito della legge andrebbero discusse nell’ambito più vasto della salvaguardia della salute, della tutela della maternità e della autodeterminazione della donna.
La legge n. 194/78 ha ampliato la gamma di competenze del consultorio familiare assegnandogli un ruolo importante in materia di interruzione volontaria di gravidanza.

Ad eccezione della Valle d’Aosta dove non si svolgono i colloqui sull’IVG, nella quasi totalità dei consultori delle Regioni questi vengono effettuati con una alta percentuale.
Percentuale che però cala notevolmente se si considerano i consultori che forniscono documenti/certificazioni IVG.
È interessante notare una notevole riduzione della media percentuale relativamente agli incontri post- IVG (carenti o addirittura assenti in molte Regioni), per valutare quante donne che hanno richiesto il documento/certificato presso il consultorio familiare, ritornano per la visita post-IVG, momento che potrebbe essere importante per l’elaborazione del vissuto e l’offerta di un metodo anticoncezionale.

Significativi i dati sulla fruizione da parte delle donne migranti dei servizi consultoriali relativi alle nascite, all’interruzione di gravidanza e in generale alla saluta riproduttiva, soprattutto nelle Regioni del Centro-Nord dove si registrano valori percentuali di gran lunga superiori alla media nazionale.
Per quanto rigurda le interruzioni di gravidanza, nel 1996 sono state registrate 10.131 IVG fra le donne straniere (7,4% del totale), nel 2000 21.201 (15,9%) e nel 2003 31.836 (26%). Nel 2005 le IVG di donne straniere erano il 29,6% del totale e nel 2006 sono ulteriormente aumentate, superando quota 40 mila, pari al 31,6% del totale.

Preoccupanti i dati sui counselling andrologici che rilevano una ulteriore diminuzione dell’offerta, essendo quasi del tutto assenti, ad eccezione della Valle D’Aosta, della Liguria, dell’Umbria e della Sicilia.

Una parola merita la scarsa attenzione mostrata dalla ricerca, pure ricchissima di dati, alla partecipazione dell’utenza alla gestione del consultorio, così importante nei primi anni di attuazione della legge che istituiva i consultori.

lunedì 22 novembre 2010

Una risposta a “Consultori: Negli ultimi due anni 186 chiusi o riaccorpati”

  1. Momento critico…..riprendiamoceli questi consultori difenderli vuol dire difendere noi stesse …..

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