La pillola dei cinque giorni dopo: un’utopia, in Italia?

Pubblichiamo questo articolo che potete trovare sul blog del gruppo di donne Me-Dea di Torino.

Dopo che il Consiglio Superiore di Sanità ha espresso parere favorevole in merito all’introduzione in Italia di EllaOne, la cosidetta pillola dei cinque giorni dopo, Eugenia Roccella, sottosegretaria alla Salute, ha già posto il primo “paletto” al suo utilizzo..

Questa storia ci suona familiare… buona lettura.

Il 15 giugno scorso il Consiglio Superiore di Sanità ha espresso parere favorevole a seguito della richiesta dell’Aifa, Agenzia Italiana per il Farmaco, in merito all’introduzione in Italia della cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo, commercializzata dalla HRA Pharma con il nome di EllaOne, un ritrovato che contiene una molecola, l’uliprostal acetato, a spiccata azione antiprogestinica, che se assunto entro 120 ore dal rapporto non protetto o in conseguenza del fallimento del metodo contraccettivo utilizzato, previene eventuali gravidanze.

Già nel maggio del 2009 l’Emea, l’Agenzia Europea per i medicinali, aveva approvato la pillola dei 5 giorni dopo, commercializzata in Gran Bretagna, Germania, Spagna e Francia direttamente da HRA Pharma e per mezzo di partner commerciali in altre aree geografiche dell’Unione Europea, come, per esempio, Belgio, Olanda, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia, superando ogni test relativamente ad efficacia e sicurezza.

Nel Gennaio del 2010, dopo l’approvazione dell’Emea, la casa farmaceutica produttrice aveva chiesto all’Aifa l’autorizzazione alla messa in commercio in Italia.

Ed ecco, a questo punto dell’iter, il primo paletto, termine che, leggiamo in questi giorni sui principali quotidiani, è quello utilizzato da Eugenia Roccella, sottosegretaria alla Salute, a proposito dell’introduzione della pillola dei 5 giorni dopo nel nostro paese: “paletto” è evidentemente parola che nel vocabolario dell’onorevole Roccella, ex radicale ed ex femminista convertita sulla via del Vaticano,  val la pena ricordarlo,  ha il medesimo valore di “ostacolo”, come già un anno fa era lampante, dato il suo ostruzionismo all’avvio all’utilizzo della RU486, come alternativa all’aborto chirurgico.

In quel caso paletto fu il ricovero in ospedale di tre giorni.

L’Aifa, per tornare alla EllaOne e al primo di una serie di paletti, ha espresso immediatamente delle perplessità riguardo alle eventuali conseguenze di un uso ripetuto del farmaco e ha sospeso la concessione dell’autorizzazione, coinvolgendo successivamente il Consiglio Superiore di Sanità, chiamato a pronunciarsi in merito alla compatibilità del farmaco con la normativa vigente in tema di contraccezione e interruzione volontaria di gravidanza, quindi con la legge 194.

Attirate come bambini dalle caramelle colorate, le donne, secondo l’Aifa, nella migliore delle ipotesi sarebbero tentate di inghiottire una pillola dietro l’altra, nella peggiore sarebbero inconsapevoli responsabili di un aborto….

E infatti la questione pareva risiedere proprio nelle caratteristiche della EllaOne:  farmaco contraccettivo d’emergenza o  anche farmaco abortivo?

Il periodo di fertilità con più alta percentuale di fecondazione, variabile comunque anche in questo lasso di tempo, è nei sei giorni compresi dal 5° giorno prima dell’ovulazione fino al giorno dell’ovulazione stessa; l’embrione, poi, raggiunge l’utero nei 3-7 giorni dopo l’ovulazione e lì si annida tra il 6° e il 10° giorno dopo l’ovulazione. Se EllaOne viene dunque assunta dopo il concepimento e prima dell’annidamento l’embrione si perderà dopo aver fallito, a causa del farmaco, l’annidamento nell’utero, se invece viene assunta prima del concepimento, cosa comunque quasi impossibile da accertare, la sua funzione è quella di ritardare l’ovulazione, con effetto quindi esclusivamente contraccettivo.

Concepimento, annidamento, aborto. E’ intorno a questi tre termini che ruota tutto.

Nel momento in cui il Consiglio Superiore di Sanità emette il parere dopo ben nove mesi dalla richiesta di intervento da parte dell’ AIfa, con una capriola degna del miglior italico funambolismo, riconosce sì trattarsi di un contraccettivo d’emergenza, quindi non abortivo, ma dà come indicazione quella di eseguire un test di gravidanza, esclusivamente con prelievo di sangue, prima della ricetta, peraltro obbligatoria, per l’accesso alla pillola.

Secondo e terzo paletto, quindi. Perché?

La sottosegretaria Roccella sostiene che “se c’è un test che elimina ogni dubbio di gravidanza in atto il farmaco è compatibile con le leggi italiane, altrimenti bisogna invece seguire la legge 194 “…

Il Consiglio Superiore di Sanità, in una precisazione del 16 giugno, si limita a ribadire che la EllaOne è  un farmaco contraccettivo di emergenza, ma che è controindicato nel caso di una gravidanza,  ed è per questo motivo che si prevede che la prescrizione avvenga dopo aver eseguito il test per via ematica, di esito negativo.

E allora proviamo a fare qualche ipotesi…

Dopo aver constatato, negli anni, a quale via crucis venga sottoposta una donna per poter ottenere la pillola del giorno dopo, peregrinando da un ospedale all’altro, alla ricerca di medici non obiettori, ostacolata da disinformazione al limite del ridicolo  (“la pillola del giorno dopo si può prendere solo se sei stata stuprata”), falsità (“è un farmaco abortivo e quindi non la prescrivo perché sono obiettore di coscienza”)  e offese (“non sei troppo giovane per avere rapporti?”), con la pillola dei 5 giorni dopo che cosa una donna dovrà affrontare?

Dovrà innanzitutto trovare un medico non obiettore, il quale a sua volta dovrà esser certo che non sia incinta: basterà a questo punto esibire il risultato del test di gravidanza rilasciato in precedenza da un laboratorio analisi qualsiasi o l’ospedale e il consultorio provvederanno sul momento a farci il prelievo? Prelievo che ci viene imposto, ribadiamolo. E se in quel momento, fatto l’esame del sangue, mancasse, viceversa, il medico?

E se pur avendo fatto il test altrove venisse stabilito che va effettuato comunque in ospedale o consultorio e risultassero due esiti divergenti, verremmo perseguite per “frode ematica”?!

E se la donna che richiedesse la contraccezione d’emergenza, quella dei 5 giorni dopo, non fosse a conoscenza dell’obbligo di effettuare il test o semplicemente non volesse farlo, magari ritenendo che proprio se già incinta preferirebbe accedere alla pillola piuttosto che affrontare, settimane dopo, un aborto?

Ma quest’ultima ipotesi implicherebbe una capacità di scelta che alle donne non è riconosciuta.

E se a questo delirio rispondessimo tutte presentandoci nei presidi sanitari con una provetta contenente sugo di pomodoro o inchiostro colorato?

Espropriate definitivamente del nostro corpo, del nostro sangue: schedate se gravide o no.

Sia chiaro, sulla contraccezione d’emergenza le case farmaceutiche investono perché si tratta di un terreno economicamente molto fertile, che interessa la parte più ricca del mondo e che consente guadagni sicuri e immediati: a giocare sui nostri corpi non è solo la politica.

Il nostro corpo non è un blister.

Il contorto ragionamento del Consiglio Superiore di Sanità, a fronte della difficoltà a decifrare i termini della questione, come convenientemente posti anche dalla stessa HRA Pharma, ci convince una volta di più del valore fondamentale che ha per le donne la consapevolezza di sé e del proprio corpo, che è imprescindibile capire ed essere informate al meglio, soprattutto per quanto riguarda contraccezione sessualità e aborto, per poter essere davvero padrone della nostra vita e delle nostre scelte, né delegabili né determinabili dalla illusoria pretesa dell’onnipotenza della scienza, dei medici o delle multinazionali della salute.

Per quanto riguarda la EllaOne, dopo il parere del Consiglio, e la dichiarazione del Ministro per la Salute Fazio, che ne conferma la compatibilità con la legge 194, l’iter torna ora di competenza dell’Aifa, che si pronuncerà nei prossimi mesi in merito.

E dato che in Piemonte siamo in attesa, a giorni, della sentenza definitiva del TAR relativamente alla ammissibilità della delibera Ferrero, che consente l’ingresso dei volontari del Movimento per la Vita nei consultori pubblici, riteniamo sia importante sottolineare quale sia stata la reazione del suo presidente, Carlo Casini, a proposito della pillola dei 5 giorni dopo: se il cardinale Sgreccia della Pontificia Accademia per la vita, parla di ” aborto di raffinata malizia” e non rinuncia a mandare un messaggio all’esecutivo, “mi auguro che questa deliberazione venga respinta dal Governo”, Casini annuncia in un comunicato ufficiale che il Movimento “si opporrà con tutti i mezzi legittimi alla commercializzazione del prodotto e all’ennesima bugia di chi sosterrà che gli aborti sono diminuiti per effetto della legge 194”…

…Italia, terzo millennio: pillola anticoncezionale? Ricetta obbligatoria. Pillola del giorno dopo? Ricetta obbligatoria. Pillola dei 5 giorni dopo? Ricetta obbligatoria e test di gravidanza coatto ad esito negativo. Consultori? il Movimento per la Vita si oppone all’applicazione della 194 e alla contraccezione d’emergenza…

Ora basta. Ai paletti si oppongono le donne.

Precisiamo che le affermazioni riportate tra parentesi e virgolettate sono state raccolte nel corso di una contro – inchiesta effettuata pochi anni fa in alcuni ospedali della città di Torino da gruppi organizzati di donne e avente come obiettivo la verifica diretta e sul campo della reperibilità della pillola del giorno dopo.